“SARAI ORGOGLIOSO DI ME”. Lacrime e promesse dopo i titoli di coda

Sarai orgoglioso di me

 “Signor Mitchell, la prossima volta che mi vedrà, sarà orgoglioso di me.”

John Cameron Mitchell racconta di quando, dopo aver mostrato Shortbus a un gruppo di studenti americani, ha visto volti rigati di lacrime.

Alla domanda “Perché piangi?”, qualcuno ha risposto:
Perché abbiamo appena visto la gioventù che non abbiamo mai avuto.”

C’è qualcosa di profondamente umano in queste parole: il rimpianto di un’adolescenza mai davvero vissuta e, insieme, il desiderio ostinato di diventare finalmente se stessi.
Chi si occupa di educazione, di storie o semplicemente di ascolto, lo sa bene: il sogno più grande è aiutare i ragazzi a ritrovare quella parte di loro che sentono di aver perso o di non aver mai conosciuto.

Forse è anche questo il cuore di ogni racconto che parla di scoperta e di libertà—quel momento in cui qualcuno trova il coraggio di promettere a se stesso (e agli altri):
La prossima volta che mi vedrete, sarete orgogliosi di me.


È una promessa che mi commuove sempre, perché assomiglia a quella di Yago e Agnese: due ragazzi che, tra le loro paure e i loro sogni, cercano un posto nel mondo dove poter dire finalmente:
Ce l’ho fatta a diventare chi sono.

Rino Panetti

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